SANTORRE DI SANTAROSA E LA RIVOLUZIONE LIBERALE

Negli anni giovanili Santorre di Santarosa fece parte di un gruppo di intellettuali (tra i quali vi erano Cesare Balbo, Luigi Provana del Sabbione e Luigi Ornato) che coltivavano idee liberali e miravano alla realizzazione dei loro ideali costituzionali senza però troncare i rapporti con la monarchia sabauda, alla quale ritenevano spettasse un importante e decisivo ruolo nella liberazione dall'ingerenza austriaca in Italia.
Santorre di Santarosa, in particolare, pur aderendo con entusiasmo alla fede liberale e costituzionale, riteneva prioritario impegnarsi per ottenere l'indipendenza dallo straniero facendo conto sulle sole forze nazionali e senza cercare l'appoggio francese.
Nella seconda parte dell'anno 1820 , sulla scia delle rivolte scoppiate in Spagna, Portogallo e Italia Meridionale, un gruppo di liberali si convinse della possibilità di definire data e modalità di una insurrezione militare in Piemonte, auspicando l'appoggio del giovane erede al trono sabaudo Carlo Alberto di Savoia, principe di Carignano, il quale aveva dato l'impressione di avere a cuore la questione italiana.
Durante la rivoluzione costituzionale piemontese del marzo 1821, Santarosa fu tra coloro che tentarono ripetutamente, ma invano, di convincere Carlo Alberto a mettersi a capo del movimento; egli costituì la personalità di spicco del governo provvisorio all'interno del quale dal 21 marzo ricoprì la carica di Ministro della Guerra e cercò in ogni modo di mantenere viva ed efficace la resistenza delle truppe costituzionali contro l'intervento austriaco.
Di fronte all'insuccesso del moto rivoluzionario, mentre era in atto la restaurazione del regime assoluto, consapevole della repressione che ci sarebbe sicuramente stata, si decise per la fuga.
Passando segretamente da Genova, Marsiglia e Lione, visse un periodo di clandestinità in Svizzera, successivamente trovò rifugio a Parigi dove scrisse e diede alle stampe , in lingua francese, La révolution piémontaise, uscita in tre edizioni.
L'esilio fu vissuto dal patriota con grande sofferenza per la lontananza dalla famiglia , la moglie Carolina e i due figli nati tra il 1815 e il 1820.
Nel 1822 venne arrestato con l'accusa di aver cospirato contro la Francia e rimase in carcere per due mesi in attesa del processo ; anche dopo l'assoluzione per mancanza di prove, non potè ottenere la libertà , ma fu trasferito in soggiorno obbligato ad Alencon e poi a Bourges e nel mese di settembre esiliato.
Si recò in Inghilterra, nell'ottobre 1822, stabilendosi a Londra, dove visse in ristrettezze economiche pur stringendo amicizia con altri italiani come Giovanni Berchet, Ugo Foscolo, Giacinto Provanna di Collegno, piemontese in esilio .
Nel 1824 si trasferì con quest'ultimo a Nottingham, dove riuscì a sopravvivere esercitando il mestiere di professore. Successivamente decise di recarsi in Grecia a combattere per il movimento indipendentista locale, che mirava all'indipendenza dall'Impero ottomano ed alla creazione di un governo libero e moderno.
Nel mese di novembre con Provana lasciò la terra inglese e dopo due settimane, sbarcò sulle coste del Peloponneso; per poter essere arruolato nell'esercito greco dovette cambiare il proprio nome (in caso contrario sarebbe stato esiliato dagli inglesi anche dalla Grecia) presentandosi come Annibale De' Rossi.
Non ottenendo alcuna carica, combattè come soldato semplice e partecipò alle battaglie che si svolsero nei mesi di febbraio, marzo ed aprile 1825; il patriota cadde durante la difesa della piccola isola di Sfacteria e il suo corpo non venne ritrovato.