GIUSEPPE VERDI E LA POLITICA

Giuseppe Verdi partecipò attivamente alla vita pubblica del suo tempo. Fu un patriota convinto, anche se nell'ultima parte della sua vita traspare, dall'epistolario e dalle testimonianze dei suoi contemporanei, una disillusione, un disincanto, nei confronti della nuova Italia unita, che forse non si era rivelata all'altezza delle aspettative. Fu sostenitore dei moti risorgimentali e seppe interpretare il gusto musicale e l'entusiasmo patriottico della borghesia italiana protesa verso gli ideali del Risorgimento, non senza qualche complicazione politica.
"Va pensiero", uno dei cori del “Nabucco”, finì col divenire una sorta di canto doloroso, di inno contro l'occupante straniero; i patrioti vi leggevano il dolore e la passione dell'Italia oppressa dallo straniero. Lo stesso successo, lo stesso delirante entusiasmo si verificarono, per esempio, alla prima de “I Lombardi alla prima crociata” alla Scala, a Roma per “La battaglia di Legnano” o al passo musicale del “Machbeth“, in scena a Firenze; "La patria tradita piangendo c'invita, fratelli, gli oppressi corriamo a salvar". La sua musica serviva spesso come pretesto per riunioni politiche contro il regime imperiale; pare che durante l'occupazione austriaca la scritta "Viva V.E.R.D.I." fosse letta come "Viva Vittorio Emanuele Re d'Italia".
Il Paese lo volle, quasi a viva forza, membro del primo parlamento del Regno d'Italia (1861-1865), eletto come Deputato nel Collegio di Borgo San Donnino, l'attuale Fidenza, e, successivamente, senatore a vita dal 1874. Fu anche consigliere provinciale di Piacenza. Rappresentò, e continua a rappresentare per molti italiani la somma di tutti quei simboli che li hanno guidati all'unificazione nazionale contro l'oppressione straniera.