GIULIA MOLINO COLOMBINI - PEDAGOGISTA

Nel "proemio" alla seconda edizione del 1860 del suo libro sull'educazione della donna in Italia che definiva modestamente “operetta”, Giulia Molino Colombini affermava di non aver voluto “dettare un corso di pedagogia”, ma “ricercare i fondamenti” offerti dalla natura alla donna, sui quali riteneva si dovesse “costrurre l'edificio educativo”, lasciando a più dotte menti lo svolgerli in tutta la loro estensione”.
Interessata alle questioni politiche del suo tempo e sostenitrice dell'indipendenza e della libertà, era convinta che l'educazione della donna costituisse una condizione necessaria per la realizzazione concreta ed efficace di qualsiasi rivoluzione. Per questo aggiungeva la sua alle “autorevoli” voci che “pubblicano sani precetti intorno all'educazione” augurandosi così di accrescere “la forza di quelle valenti pel bene d'Italia, la quale non sarà mai se prima non sieno le donne fatte degne del nome italiano.”
Non del tutto anacronistico, se messo a confronto con il dibattito attuale sulla condizione femminile, l'interrogativo che era alla base dei suoi “Pensieri”: “La Donna, quell'essere ora degnato di tante lodi al par degli Angioli, ed ora depresso con infami dileggi, la donna negletta sempre, quanto alla coltura dell'animo, che è o che può essere ella mai? ...
Riteneva fondamentale assicurare anche alle donne una vasta e ragionata cultura escludendo, però, quelle reazioni estremiste che, a suo parere, avevano condotto molte donne del suo tempo “cresciute fra i palpiti del sesso virile … considerate solo come oggetto di breve piacere” a trasformare “in sé la donna cristiana in donna spartana” raggiungendo così senza troppe difficoltà la fama in quanto era più semplice creare eroi con doti guerresche che persone dotate di profonde qualità morali.
Partendo da un presupposti che certo oggi non condividiamo e cioè che fosse naturale nella donna una propensione a “solo sfiorare le cose anziché approfondirle” essendo dotata essenzialmente di immaginazione più che di capacità riflessive, Giulia Molino Colombini proponeva “una lunga educazione mentale” fin dall'infanzia guidando le bambine al ragionamento attraverso un metodo che rifiutava il semplice esercizio mnemonico, ma si fondava su un sistematico collegamento fra le nozioni, sull'abitudine a “non saltare di pié pari le difficoltà prima di averle superate”, nonché a pensare prima di agire.
Il suo spirito innovatore e aperto agli ideali risorgimentali è evidente quando si rivolgeva alle madri invitandole ad evitare ogni bamboleggiamento nel parlare alle bambine e ad insegnare loro fin da subito “la giusta maniera di favellare” e cioè la “pura lingua d'Italia”. Infatti scriveva “ … Deh! Non si oda più sul labbro delle piemontesi madri la scusa ch'esse non sanno parlare italiano! Come! Un'Italiana oserà confessare di non sapere la lingua d'Italia?
Questa è suprema degradazione; questo è disdoro immenso della Nazione; ed è torto grandissimo che fanno alle fanciulle loro". Interessanti sono le indicazioni sul metodo dell'insegnamento delle singole materie da affrontare tutte in modo da garantire un autentico apprendimento e non soltanto in maniera ripetitiva, ma senza tralasciare i valori morali e della famiglia nel rispetto dell'ordine sociale e della religione.